Fatti il letto
Registrazione di canto, letture e commento Sabato della III settimana di Pasqua 2 maggio 2020
Purtroppo la registrazione della messa è saltata, c’è solo l’inizio dove si vedono i drappi messi ieri alla cappella della Madonna, per il mese di maggio. VIDEO
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(Riporto qui il commento che inviamo con 3 SMS, a chi non ha altri strumenti tecnologici)
Buon giorno, Sabato III settimana di Pasqua – Atti 9,31-42; Salmo 115; Giovanni 6,60-69
Oggi la prima lettura sembra fare facile la nostra vita e anche la nostra testimonianza, Pietro guarisce un uomo paralizzato e resuscita una donna. Se abbiamo nel nome di Gesù il potere sulla malattia e sulla morte abbiamo in mano la vittoria su tutto e tutti. Ma non è così nel resto del vangelo. Anche di Gesù in occasione della morte di Lazzaro avevano detto: “costui che aveva guarito il cieco nato, non poteva fare che costui non morisse”, e invece Lazzaro muore. Oppure quando Gesù è sulla croce dicono “costui che ha aiutato gli altri non può aiutare se stesso”. Ecco c’è un qualcosa che non è come potrebbe sembrare oggi ad una lettura superficiale. Entriamo allora meglio nella logica di Dio e di Gesù, nella quale Piero
riesce ad entrare. Gesù parla della vita come dono di se stessi per amore degli altri, e i discepoli dicono che questo linguaggio è duro. Come mai è un linguaggio duro? Perché a noi il pensiero di dare si unisce a quello di perdere qualcosa, e ci fa male l’idea di dover perdere qualcosa. La prima lettura ha dei punti che possono farci pensare. Piero dice all’uomo paralizzato da 8 anni “Enea alzati e fatti il letto”, lo fa guarire, ma lo invita a mettersi a lavorare. Non è una guarigione che deve lasciare passiva la persona, anzi sembra fatta per portare la persona a fare. Con Tabità, colpisce la schiera di vedove che piangono, perché hanno perso la loro benefattrice. Mi viene da pensare, anche noi diciamo, se muore qualcuno, di aver perso una persona, si dice anche “è venuto a mancare”. Viviamo come prima
esperienza il nostro vuoto, ciò che manca a noi. Gesù ci mostra che la vita è fatta per portarci al dono di noi, a vivere – lo diciamo tante volte – per amore. E amore è questo spenderci per la vita degli altri. Se guardiamo alla nostra vita come una cosa che va spesa e consumata per amore, allora capiamo cosa Dio ci chiama a vivere, se guardiamo la vita degli altri così, possiamo capire, come fa Pietro, anche che miracoli Dio sta per fare. Pietro capisce che quell’uomo, Enea, ha bisogno di guarire per fare della propria vita un dono, e allora dice di alzarsi e di iniziare a lavorare. Capisce che la comunità di Giaffa, ha bisogno di vedere risorgere Tabità, per vivere la generosità e solidarietà. Anche noi abbiamo bisogno di aprirci alla generosità e solidarietà per vedere Dio che opera nella nostra vita. Buona giornata.