“Convertitevi”, parola che dà fastidio?
Insegnamento per le cellule di evangelizzazione 2024/20 del 29 settembre 2024, (Mc 1,14-15)
Conoscere le promesse che Gesù fa nel Vangelo, è stata la riflessione maggiore fatta lo scorso anno, è un argomento importante riguardo alla speranza, perché conoscere ciò che Dio ha promesso permette di orientare la nostra speranza non ad illusioni ma qualcosa che Dio compirà. Gli insegnamenti hanno toccato più volta anche il tema della conversione, quando vedevo importante l’elemento della vita spirituale di convertire le proprie aspettative.
Il tema della conversione quest’estate è stato per me un punto di approfondimento e riflessione. Così vorrei per quest’anno proporlo anche a voi come tema importante, come aspetto centrale sia della vita del cristiano, sia dell’annuncio della chiesa, e perciò in modo particolare molto importante per le cellule.
La realtà della cellula serve a sostenere i cristiani nell’evangelizzazione, e il fatto che l’inizio della predicazione di Cristo cominci con queste parole: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Mc 1,14-15, mi fa pensare. Dobbiamo sicuramente tener conto di tutta la storia dell’antico testamento, che prepara il popolo a questo annuncio, ma dobbiamo confrontarci anche con questa realtà: Gesù quando inizia la sua predicazione fa questo invito convertitevi e credete nel Vangelo.
Mi sono chiesto allora come può questa frase essere una frase di evangelizzazione e di evangelizzazione nella gioia. Di solito dire ad una persona “convertiti” suona nel nostro mondo come un rimprovero, come mettere in evidenza un suo errore, sembra un sottolineare qualcosa che non va bene e che deve cambiare. Per questo motivo credo venga accettato male e per lo stesso motivo forse a volte noi cristiani facciamo fatica a fare questo tipo di annuncio: “convertiti”.
Come possiamo allora conciliare la necessità di imitare Cristo, annunciando come annunciava lui, non intendo ripetendo le stesse parole ma con lo stesso spirito, e lo spirito della frase “convertitevi e credete nel Vangelo” è molto chiaro, come possiamo quindi conciliare l’imitazione di Cristo nell’annuncio e al tempo stesso fare un annuncio che dia gioia che sia e evangelizzazione?
Ho pensato alla misericordia, l’annuncio della misericordia nel Vangelo è molto forte, e la misericordia significa che il rimprovero non è più condanna, ma è correzione, guarigione, salvezza.
Tanti mali dell’umanità vengono dal fatto che l’uomo ha perso il senso della vita e del bene.
Come poter tornare alla felicità, alla gioia, alla pienezza? Serve qualcuno che ci insegni, che corregga il nostro cammino. Ecco allora l’annuncio “convertitevi”, la conversione è diventata possibile perché il regno di Dio è vicino, Dio stesso è vicino e non è venuto per condannarci ma per guarirci là dove siamo ammalati come uomini dove abbiamo perso il senso della vita
Come immagine posso usare quella del medico. Un medico che ti dice che non c’è niente da fare, è una condanna. Un medico che ti dice che abbiamo la cura, è la salvezza. Allora l’invito alla conversione, non è un invito a fare qualcosa, a dover lavorare, a dover espiare o pagare ciò che abbiamo commesso, ma è un annuncio che suona così: ” è diventata possibile la conversione, la guarigione, trovare la vita, la verità, il modo giusto di amarci gli uni gli altri e tutto questo in Cristo; è da Cristo che noi possiamo prendere questa Vita Nuova”. Questo è l’annuncio dove conversione è un tutt’uno con misericordia, dove proprio nell’errore, nel peccato nostro arriva non una condanna ma l’annuncio di una rinascita, di un cambiamento. Quest’anno vorrei che crescessimo sotto questo aspetto: la capacità di testimoniare la gioia dell’essere ripresi, corretti perché non c’è condanna ma rimedio. Con questa testimonianza saremmo in grado di annunciare agli altri la loro necessità di conversione e al tempo stesso l’arrivo di Cristo che è l’autore della conversione, è lui che dona all’uomo la possibilità di riavvicinarsi al bene, di credere, di sperare, di amare.