Ma si alzò e disse.

Insegnamento 2024/27 del 17 novembre 2024 “Perché parli in parabole?” (Mt 13,10-17)

Cari amici,

ho condiviso con alcuni di voi in più momenti, la lettura così difficile del libro di Isaia, dove Dio comanda a Isaia di dire al popolo: “parlerò ma voi non capirete” (Is 6,9); è un brano che Gesù riprende e cita nel brano di Matteo capitolo 13,10-17.

I discepoli gli chiedono: “perché parli in parabole?”. Loro vedono che la gente non capisce, proprio perché Gesù parla un linguaggio difficile, in maniere non diretta. La parabola è un modo di fare un discorso, che in un certo senso nasconde una verità, ne parla attraverso un esempio o un racconto di qualcosa di simile. La caratteristica della parabola è quella di non essere capita se chi ascolta non vuole capire, che significa questo?

Le parabole possiamo liquidarle come raccontini, o come insegnamenti morali, tipo le favole di Esopo o Fedro, per i greci e i latini, dove abbiamo la morale finale, dove riceviamo una piccola indicazione di comportamento, di saggezza su come comportarsi.

Oppure le leggiamo come parabole, cioè un racconto che ci vuole parlare di altro, di un messaggio presente accanto al racconto che ascoltiamo. Come coglierlo? 

La soluzione che ho trovato nel Vangelo è semplice: sono i discepoli che fanno la domanda, di poter capire; su questo punto che per le Cellule è così fondamentale, penso che sia indispensabile fermarci: per poter entrare nell’evangelizzazione, dobbiamo essere discepoli. 

Nel Vangelo si parla che c’era la folla dei tanti, che sono curiosi, a volte si avvicinano per guarigioni, miracoli, liberazione dal male, a volte forse semplicemente per vederlo, perché ne sentono parlare tanto. La folla è una cosa, ma tra la folla alcuni decidono di seguire Gesù, di fare di Gesù il proprio maestro; all’epoca i rebbi, i maestri vivevano insieme ai propri discepoli condividendo i vari momenti della vita quotidiana, che erano le occasioni per un insegnamento, partendo dall’esperienza del momento. 

Essere discepoli è già cominciare a vivere il Vangelo, fare i conti con il Vangelo; nasce il desiderio che ciò che ascolti porti dei cambiamenti nella vita, una conversione. Il discepolo sceglie Gesù come maestro, gli dice: tu hai parole giuste, buone che dicono la verità utili per vivere, e allora ti credo mi fido di te e ti seguo, faccio delle cose in base a quello che tu dici, in base al tuo modo di valutare la vita, di affrontare le questioni, le relazioni con gli altri. 

Sono tante nel Vangelo le persone che hanno fatto scelte spinte da questo desiderio. Penso fra tutti a Zaccheo, un uomo che non sente nessuna predica, sente solo parlare di Gesù ed è curioso di vederlo, la frase che Gesù dice a Zaccheo è: “oggi vengo a casa tua”. Lì Gesù entra nella vita di Zaccheo e Zaccheo nella vita di Gesù, e Zaccheo lo osserva, sente cosa la gente dice su Gesù, si dispiace perché alcuni parlano male di Gesù per colpa sua, e allora si proclama in qualche modo suo discepolo, dice: “io oggi cambio, do metà di quello che ho ai poveri, e se ho rubato restituisco”. Qui c’è questo cambio, questa contaminazione della vita, forse termine un po’ improprio, vorrei però rendere l’idea di questo: Zaccheo vuole entrare nella vita di Gesù, perché Gesù è entrato nella sua, vuole vivere in modo tale che la sua presenza, la sua amicizia, sia per Gesù qualcosa di positivo.

Tutti noi vorremmo essere per i nostri amici qualcosa di buono, perché gli vogliamo bene. Nasce in Zaccheo un affetto, una gratitudine, un amore verso Gesù; è questo che spinge il discepolo, volere in qualche modo essere noi qualcosa di buono per lui; è Gesù ha detto “se volete amare me, amate il mio corpo che è la Chiesa, che sono soprattutto i poveri”. Nasce in noi il desiderio di vivere come lui dice, vivere in modo da dare a lui, gloria e gratitudine. Questo desiderio è il motivo per cui alcuni comprendono e altri no, la scelta che c’è prima dell’ascolto: diventare discepoli o no. 

C’è uno scatto nel voler cambiare vita, là dove la nostra vita non coincide con quello che è Dio, con quello che è l’amore di Dio per gli uomini, laddove i nostri limiti, difetti o carattere impediscono all’amore di Dio di arrivare ai nostri fratelli tramite noi. Questo è un punto dove ciascuno di noi può decidersi di diventare discepolo e imparare di giorno in giorno sempre di più il modo di amare di Dio. L’esperienza degli apostoli sarà questa di seguire ogni giorno di più il proprio maestro.

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