Non avendo radici
Insegnamento 2024/29 dell’1 dicembre 2024 “Non avendo radici” (Mt 13,5-6 e Mt 13,20-21)
Cari amici,
Vi propongo un pezzettino di una parabola, quella di Mt. 13,5-6 dove Gesù parla dell’ascolto. Vorrei dedicare, e che anche voi dedicaste, più attenzione a questo aspetto così importante dell’ascolto.
Gesù paragona la parola a un seme, e noi ad un terreno pieno di sassi, dove la radice non affonda, ci paragona a un terreno non accogliente. Voi direte: ma noi non vogliamo, anzi già cerchiamo di non essere pieni di sassi, volgiamo essere accoglienti.
La parabola però non è un giudizio su come siamo, ci fa vedere i possibili rischi proprio per aiutarci a vivere come desideriamo e vogliamo. Ci propone di considerare cosa potrebbe diventare un ostacolo all’ascolto nella nostra vita.
Il terreno pieno di sassi è l’immagine di una esperienza che ci può capitare di vivere, quando accogliamo con gioia qualcosa di buono, che poi in un secondo tempo si trasforma per noi in motivo di sofferenza, di conflitto o di ostilità. Ciò che era entusiasmante diventa un ostacolo.
Cosa fare in questo tipo di esperienza? La prima cosa che mi viene in mente è di tenere duro, difendere ciò che ci ha dato gioia, soprattutto se bello e importante.
Però solo l’idea della perseveranza non mi bastava; dopo la gioia di aver sperimentato l’amore di Dio, venuti tempi difficili poi rimane solo lo sforzo umano di resistere?
Ci ho pensato tanto fino a che non mi è venuto in mente un’idea; il fatto che il Vangelo non è una disciplina che viviamo da soli, Gesù ha chiamato i discepoli a far parte di una comunità. Per usare l’immagine del terreno, anche il mio vicino è un terreno, magari pieno di sassi. La cosa non mi può lasciare indifferente; come discepolo di Gesù non è sufficiente che io sia un terreno senza sassi, anche mio fratello è importante che sia senza sassi. Il mio vivere la fede, la mia testimonianza, il mio servizio possono aiutare gli altri a togliere i sassi.
Vigilare su come ascoltiamo al Parola di Dio è una attenzione che siamo chiamati a vivere come comunità, tutti assieme. E in effetti quale è l’esperienza più simile a questi sassi, l’esperienza che più di tutte spegne la gioia provata ascoltando la parola di Gesù?
Non è forse il conflitto e l’incomprensione con gli altri cristiani. Ciò che ci ha unito nello scoprire le verità di Dio, che ci ha fatto assaggiare la bellezza della promessa di un amore vero tra fratelli, figlio dello stesso Dio, proprio quello di fronte ad una crisi tra noi diventa la cosa più amara che si possa vivere.
Mi hanno tradito, abbandonato, parlato alle spalle, disprezzato, ostacolato e proprio chi ha condiviso le speranze e la gioia della fede. Qui vedo la cosa più difficile da superare.
L’ostilità di chi non crede in fondo non è troppo pesante da reggere, è comprensibile la fatica di accogliere un cambiamento così importante delle proprie convinzioni profonde.
Ma che sia colui con cui abbiamo condiviso l’amicizia di Gesù, ad arrabbiarsi con noi, a trattarci male è difficile.
Rischiamo allora di perseverare solo nella fedeltà a Gesù, nella preghiera, nel rapporto con lui, nella missione, nell’evangelizzazione, ma veniamo meno all’amore tra noi. Gli altri magari pensano lo stesso, perché la delusione è reciproca, anche loro pensano di essere perseguitati e nel giusto e di aver fatto tutto ciò che potevano, che siamo noi ad averli trattati male.
Ecco qui vedo i sassi, la mancanza di amore ai cristiani che ci hanno deluso, sentirci nel giusto quando ci hanno offeso, criticato, un sentirci tutto sommato bravi nel perseverare.
E la parola di Gesù: amatevi come io vi ho amato, fa fatica a penetrare in noi e a mettere radice, perché la ferita della delusione proprio sull’amore da fratelli è molto dolorosa.