Cento, sessanta, trenta

Insegnamento 2025/1 del 12 gennaio 2025 “Cento, sessanta, trenta” (Mt 13,8 e Mt 13,23)

Cari amici,

Gesù usa l’esempio del seme, per parlare della Parola di Dio che, se accolta produce frutto e lo produce in quantità differente in varie situazioni di vita. Noi uomini parliamo di resa, maggiore o minore del seme. Leggere questo brano potrebbe far pensare che sia il terreno ciò che influenza la resa, come se fossimo noi, più o meno bravi nel far fruttare la Parola. 

Mi ricordo che da giovani, essendo ancora studenti, parafrasavamo questo brano trasformandolo in una battuta. All’epoca il voto più alto per l’esame di maturità era 60 e all’università era come oggi: 30 per gli esami e 110 per la laurea. E così noi trasformavamo il brano così: “chi comprende la parola dà frutto e produce chi il trenta, chi il sessanta e chi il centodieci e lode”. Era uno scherzo, ma sotto aveva una bella idea, che ci si può sempre aspettare di realizzare il massimo possibile. 

L’idea di poter sempre attingere e puntare al massimo del risultato nella vita ci piaceva e ci faceva bene. E in effetti non credo sia sbagliata. Nella parabola non si sottolinea la differenza tra i vari rendimenti, e così è anche in altre parabole, dove non conta se produci più o meno risultato, ma solo se metti a frutto ciò che hai ricevuto. Sembra che sia una caratteristica del seme quella di produrre più o meno, in effetti per il grano è così, ogni varietà di cereale ha il suo rendimento.

Ho visto nella mia vita e nella vita di tanti, che Dio si misura su di noi. Chi presto, chi tardi, chi poco, chi tanto, chi sbattuto in faccia, chi messo di soppiatto, Dio si adatta a noi a seconda di ciò che ci fa bene. Il servizio per l’evangelizzazione, per la costruzione del Regno di Dio è prima di tutto un qualcosa per noi, Gesù ci coinvolge in un lavoro che è misurato su di noi. Il bene ha una misura giusta, adatta, per esempio troppi doni di Dio o risultati entusiasmanti potrebbero farci sentire chi sa chi, ad alcuni è accaduto. 

Allora vi invito a rinnovare la consapevolezza che il seme è di Dio, non nostro e chi da frutto è il seme, cioè la Parola di Dio.  Su questo vorrei fermarmi un po’, su come la Parola di Dio può diventare l’anima di ciò che facciamo, su come usare questo seme.  Vi invito a iniziare quest’anno con una attesa e al tempo stesso una richiesta interiore a Dio: di poter entrare di più nella comprensione della sua Parola. 

E vi faccio una confidenza personale, sabato 11, quando sentirete questo insegnamento sarà passato, c’è un incontro per le cellule proprio su come portare meglio il vangelo a chi è lontano della Chiesa. Ho saputo con un po’ di dispiacere che sono 4 di noi ci saranno. Era una occasione molto buona per fare questo che vi dico, 

Approfondire la conoscenza della Parola di Dio non si fa all’università o leggendo libri, ma come comunità cristiana, e questo incontro è proprio questo, ritrovarsi assieme e invocare la presenza e guida di Dio, ascoltando ciò che dice nella sua Parola. 

Non dobbiamo studiare cose nuove, ma capire ciò che abbiamo ascoltato tante volte e risentiamo tutte le domeniche, in tutti gli incontri di cellula, in tante occasioni di approfondimento … Parlo soprattutto che chi è tanto che segue il vangelo. 

Mi chiedo perché solo in quattro? Cosa non è passato? Non si capiva che era importante per noi, per la nostra esistenza come cellule? Che è una occasione per rigenerare in noi la spinta missionaria, non si capiva? Avete altro da fare tutti quanti? Eppure, per essere cristiani è necessario dare un tempo e uno spazio alla conoscenza di Dio e alla cura della propria fede e questo è fondamentale farlo non da soli, ma assieme. 

Allora come facciamo? Quando e come potere recuperare questa occasione persa? Mi serve un vostro aiuto perché vedo che qualcosa non si è capito, non è passato da parte mia a voi. Serve che ci prendiamo cure gli uni degli altri per quello che riguarda l’ascolto della Parola, come Chiesa.

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