Il cielo in due stanze
Ore otto, sveglia. Tra poco più di un’ora parte il primo collegamento video con i colleghi di mio marito. Chiama i ragazzi, colazioni e lotta per il bagno. Più o meno vestiti, ripasso dei compiti assegnati e alle 11 lezione online di geometria per il figlio più grande, otto anni. Intanto seda l’ennesimo bisticcio degli altri due fratelli per il possesso di un qualsiasi pezzo di Lego – l’importante è contenderselo.
Poi una mezza ginnastica in stanza, pagine di corsivo per il figlio mediano e tutti fuori in balcone a prendere un’ora scarsa di sole. Dopo il pranzo, altre video lezioni, video chiamate, condivisioni di compiti in chat, partite clandestine di pallone in corridoio, cene e pulizie domestiche arrangiate come si può.
Tutti più o meno ci siamo trovati in questi giorni a misurarci con questa dimensione per noi nuova di libertà ristretta – misurata in metri quadri – assaporando quanto il prossimo che pure amiamo a volte sia così prossimo da diventare un tormento.
Altro che paradiso profumato di torte appena sfornate e letture di libri dimenticati! Più spesso ci ritroviamo a sognare la Villa, l’ufficio, i nostri progetti che sembrano ingiustamente interrotti, oscillando come Zerocalcare tra un ottimismo fumoso e una più concreta tendenza allo sbrocco, dopo la quinta rissa del giorno per il pallone di gommapiuma.
Eppure. Mai come in questi giorni di coronavirus e vero dramma, la vita ci sta mettendo davanti all’inconsistenza di mille nostre pretese, riportando ciascuno di noi all’essenza della propria vocazione.
Due stanze per cinque persone, moltiplicate per chissà quanti giorni, mi stanno insegnando quanto la realtà sia il vero campo di battaglia, dove mi è richiesto di ubbidire a ogni circostanza quotidiana, senza strepiti e possibilmente con il sorriso.
Sperimentando insieme, in assenza di distrazioni, quanto sia bello amare e sentirsi amati. Da vicinissimo – talvolta troppo vicino! – oppure a distanza di sicurezza, dal balcone, in videochiamata, via messaggio.
Ci devo riflettere un po’ meglio, ma credo che questo, oggi, sia davvero il cielo… in due stanze!
Vero!
Ho voglia di parlare con qualcuno guardandolo negli occhi!
Le rare volte in cui esco, solo per fare la spesa o buttare la spazzatura, cerco di vedere se incontro qualcuno.
E le chat non mi saziano…
Desidero l’umanità con tutte le sue sregolatezze, invece Dio mi vuole al chiodo.
“Quello è un vescovo” ha detto poco fa nostro figlio di sei anni. E come lo sai? “Da quel bernoccolo rosso che ha in testa” (abbiamo poi capito che si riferiva allo zucchetto rosso). Anche questa domenica abbiamo seguito la Santa Messa in tv. Tutto in casa. Ancora in casa. Non sappiamo bene ancora per quanto. Il primo pensiero, e soprattutto la preghiera, va a chi a casa è da solo, malato, in difficoltà.
La nostra fortuna è avere un piccolo terrazzo che è diventato il parco, la scuola, l’ufficio all’aperto. Ma siamo a casa. Ancora a casa. L’importante è vedere il cielo e pensare che prima o poi torneremo a volare, non necessariamente in aereo. Dimenticavo, abbiamo riesumato dalla cantina anche la cyclette. Fino a ieri un ferro vecchio. Oggi un ponte, una speranza verso il futuro.
Grazie di cuore per questo spaccato di vita vibrante e capace di superare muri e distanze e toccare il mio cuore. Ritrovo le parole alle quali spesso ho fatto ricorso in questo tempo e che a tratti sbiadiscono un po’ a causa del protrarsi di questa situazione nella quale l’adrenalina e la bellezza di ri-trovarsi nei primi giorni, lascia il posto a volte al peso dei minuti e dello spazio che manca.
È davvero indispensabile così “dare spazio” ogni giorno alla creatività per reinventare un modo di stare insieme e armonizzare le diverse esigenze. Di lavoro, di studio, di movimento. Anche se avendo noi figli grandi ci si distribuisce molto più del normale anche le pulizie e la preparazione dei pasti. Mi colpisce la semplificazione drastica alla quale la nostra vita è stata sottoposta, e che fa emergere tanti piccoli vizi nei quali generalmente ci andiamo a nascondere e a cercare consolazione in quella che fino a poco tempo fa è stata la nostra “normalità”. Piccole fughe anche intellettuali e spirituali oggi molto meno concesse. Benedetto tempo allora, capace di rivelarci ancora di più la nostra realtà. E come ha ricordato il Papa pochi giorni fa, la realtà è la strada.
Il pensiero certo va anche a chi vive solo o in situazioni difficili, dove la convivenza rappresenta anche un rischio. Questo ci insegna ulteriormente la necessità di non rimanere indifferenti e passivi e a impegnarci di più per andare incontro – speriamo presto anche letteralmente – agli altri.
Avevo il sospetto che la felicità non dipendesse dai metri quadri e la capacità di affrontare la realtà (quale che sia!) da quante torte si riescono a sfornare… ma adesso ne sono sicuro!
Che il cielo potesse stare in una stanza lo sapevamo già, ma che in due stanze il cielo diventasse ancora più bello non se lo immaginava neanche Gino Paoli!
Certo non è da tutti riuscire a vederlo e a goderlo, ma l’arte è proprio nel capire il confine tra la sostanza e l’inconsistenza delle futili pretese. La differenza è negli occhi con cui si guarda, non nelle cose guardate.